LECTERN - Intervista alla Band


Ciao Fabio, potresti presentare ai lettori di Giornale Metal, la vostra band, una piccola cronistoria dei Lectern?

Fabio “Registriamo il primo disco Bisbetical nel 1999 per tornare poi soltanto nel 2008. Agli esordi la band era nata quasi come un progetto estemporaneo dai Perfidy Biblical che avevo formato nel 1998. Con i Lectern ho sempre voluto dare sfogo ad un death metal classico, old school, senza compromessi e brutal, sullo stile dei gruppi della Florida nella zona di Tampa. Tra il 2010, 2013, 2014 e 2016 registriamo e pubblichiamo tutti gli album successivi, suonando dal vivo il più possibile, aprendo per Sepultura, Angra e Incantation attraverso numerosi, troppi, cambi di line up. A fine anno supporteremo gli Archgoat, e poi saremo in studio da fine gennaio per le registrazioni del nuovo disco”.

E’ stato difficile scrivere i brani per Percept Of Delator? Come viene creato un brano dei Lectern?

Fabio “Venivamo da un disco scritto tutto dal precedente chitarrista Enrico Romano, e non è stato però così difficile scrivere Precept Of Delator ed arrangiarlo. Lo stile non è cambiato, ed il songwriting è adesso in mano a Pietro che ha composto tutto il disco, ed anche quello nuovo che stiamo finendo di arrangiare. Pietro viene in sala, ci fa ascoltare le nuove songs, vediamo se alcuni riff vanno modificati oppure scartati, molte canzoni nuove le abbiamo eliminate senza problemi, cercando sempre e soltanto il materiale migliore da pubblicare. Io invece, scrivo i titoli e tutti i testi, Marco arrangia la batteria insieme a noi, ed anche Gabriele entrato ormai da un anno, dà il suo prezioso contributo. Adesso stiamo lavorando su dissonanze, riff diversi a volte per le due chitarre, assoli in ogni brano come al solito, anche in sequenza, in modo da avere una vera coppia di chitarristi che si interscambiano”. 

Pietro “I brani principalmente vengono creati da me, e subito ci buttiamo a sperimentare la batteria e il resto in sala”. 

Marco “Dopo aver perso in poco tempo due chitarristi di fila, ci siamo buttati a capofitto sui nuovi brani, convinti che con poche teste si divagasse meno. E così è stato, con Pietro che ci ha dato dentro con i riff e io con le ritmiche. Non abbiamo smesso nemmeno in sala di registrazione di migliorare, aggiornare e dettagliare i brani, aggiungendo tocchi finali che ci venivano in mente anche all'ultimo secondo”. 


Come sono andate le sessions di registrazione presso i The Outer Sound Studios?

Fabio “Ottimamente a livello di resa sonora, ma sempre molto ardue per le fasi di tracking di ogni singolo strumento, essendo Giuseppe Orlando molto esigente con ognuno noi. Il vero problema non è registrarli in sé, ma seguire il tempo, il metronomo ed i click. Giuseppe è meticoloso al massimo, non ci lascia sbagliare nulla, e non si fa problemi a riregistrarci tutto, tra una sigaretta e l’altra. Spesso l’atmosfera è tesa, ma poi i risultati sono strabilianti. Anche per il prossimo album andremo ai The Outer Sound Studios, i migliori a Roma in tutto per registrare un disco, e poi sarà il terzo che registriamo lì. Una delle cose che più mi piacciono, sono le fasi di mixaggio e di inserimento degli effetti tipo kolossal religiosi, che riempiono le canzoni e le danno il corpo definitivo”.  

Pietro “Molto bene. Giuseppe è un nostro amico, una bravissima persona e svolge il suo lavoro al proprio meglio per dare la giusta qualità al prodotto che sta producendo. Ovviamente è molto stressante stare settimane, dalla mattina alla sera a produrre l'album, ma ne è valsa la pena”. 

Marco “Abbiamo registrato li due album, e sicuramente anche il terzo nascerà li. Giuseppe oltre ad essere uno stakanovista ed il migliore in ciò che fa, è soprattutto una persona allegra e stimolante. Abbiamo alternato momenti di serietà lavorativa a momenti di puro cazzeggio. Non è mai mancato il sorriso, ed allo stesso tempo ha tirato fuori il meglio se non di più, che potessimo aspettarci dal nostro sound”.

Ho notato che i vostri brani, hanno una tecnica sopraffina, ma dosata a dovere, perché bilanciate furia e blast beats a rallentamenti, e tanta attitudine per il death metal, quali sono le vostre influenze musicali?

Pietro “Il mio stile è molto preso da quello americano e anche un po' da quello svedese”. 

Fabio “Della Svezia ci interessa ispirarci alle band più americane come primi Hypocrisy e Defaced Creation ovviamente! La tecnica non ci interessa, suonare ed essere una death metal band vuol dire tirare fuori l’odio che hai dentro e spingersi oltre ogni limite. Il tutto deve essere equilibrato, e bilanciato a servizio del disco e della canzone, altrimenti è tutto inutile L’aggettivo technical non è associabile al nostro death metal, e ti spiego perché. Innanzitutto perché prediligiamo una certa poca pulizia nell’esecuzione, in più i suoni delle nostre chitarre sono sempre enormi e pieni di bassi e totalmente grasse, con un’assenza dei medi quasi totale ed esagerata. Puoi trovare dei cambi di tempo, batteria anche molto semplice, ma la parte rock and roll ed heavy metal deve essere sempre ben presente. In ogni nostra song ci sarà, sempre ed almeno, un assolo di chitarra, nella’alteranza classica riff, bridge, pre chorus e ritornello per poi continuare e ricominciare. Il death metal non sarà mai commerciale e mainstream per fortuna, proliferirà nel suo limbo e lì morirà. Non è musica per tutti!”. 

Gabriele “Mai come ora, risentiamo di influenze più articolate ma meno evidenti che in passato, Immolation ed Incantation soprattutto, ma senza dimenticare gli ispiratori di sempre”. 

Marco “Di band che suonano a velocità supersoniche ne trovi quante ne vuoi nel panorama. E' sacrosanto voler mostrare le proprie abilità con lo strumento, lo abbiamo fatto persino noi nel primo album, ma il nostro intento non è quello. Vogliamo invece creare canzoni che generino trasporto, che ti facciano sia agitare la testa che alzare l'adrenalina, creare atmosfera e generare qualche emozione. Adatti sia per menarsi, che per scopare insomma. Non vogliamo risultare mai noiosi o monotoni. Per quanto riguarda le influenze, ho più singoli musicisti che band. I principali sicuramente sono Dave Lombardo, Jordan Mancino, Tony Laureano e Vinnie Paul. George Kollias è più un mito inarrivabile”.

Mi sono piaciuti moltissimo i brani Distil Shambles, Pellucid e Garn For Debitors di che parlano i testi?

Fabio “Ho immaginato come Satana abbia mandato alcuni demoni a scovare il segreto dell’immortalità di Dio, facendola loro. Sulla copertina si vede attentamente come Dio si stia trasformando in Satana in trono, prendendone le sue sembianze, ha ancora un’ala angelica ed un’altra demoniaca, e le creature intorno gli stanno succhiando il suo stato di purezza, facendo marcire tutto quello che sta intorno a loro. Anche il battesimo satanico nella fonte, è esplicativo di quanto sta accadendo. Precept Of Delator è spiare Dio per far diventare Satana più potente di lui, in una forma ancora più maligna. Chi ha detto che Dio è buono, insomma? Diciamo che è stato un concept molto difficile da scrivere, nonché da pensare. Distil Shambles riguarda le colpe della Chiesa riguardo gli errori commessi che non termineranno con delle semplici scuse all’umanità ed alla religione cui si è andato contro, Pellucid tratta della dimensione infernale, di come il Diavolo fosse prima pieno di luce e poi totalmente immerso nel buio. Garn For Debitors è la dannazione eterna. Anche a me piacciono entrambe le canzoni, ma Pellucid non l’abbiamo ancora mai suonata dal vivo, perché gli altri non la ritengono all’altezza!”.

L’artwork è davvero magistrale, chi ne è l’autore?

Fabio “Adi Dechristianize, un illustratore indonesiano. Parla un pessimo inglese, risponde col fuso orario di Jakarta, quindi la lentezza ed il trovarsi messaggi di notte, non hanno aiutato una certa celerità nell’avere il prodotto finito, che ha minacciato di mettere in vendita sulla sua pagina, causa un ritardo nel pagamento! Davvero molto strano nei comportamenti che abbiamo dovuto sopportare, poco incline alle modifiche, ma meticoloso nel fornirci delle preview di volta in volta. Per il resto non lo contatteremo più, per il fatto di non volere sempre la stessa copertina. Anche la grafica ed il booklet sono importanti, e vanno riempiti di materiale ed accortezze, per non avere sempre prodotti tutti uguali fra loro”.

Come vi trovate con la vostra label?

Fabio “Direi bene, ci seguono sempre, soprattutto i nostri concerti e le attività di promozione online come interviste e recensioni a livello di share, anche se potrebbero fare molto di più per noi. Per adesso va bene così, ma per il prossimo album speriamo di salire a livello di quanto possano offrirci e fare per noi. Su Via Nocturna non siamo in tanti, ed anche se il roster cresce, non voglio trovarmi ad essere soltanto un numero”. 

Pietro “Bene, anche se piccola, ma efficace”. 

Gabriele “La Via Nocturna si muove in modo abbastanza professionale a livello di promozione, ciò non toglie che stiamo cercando di dare idee per poter essere ancora più visibili su riviste e portali di settore”.

Ci sarà la possibilità di vedervi live?

Fabio “Ovviamente sì! Saremo intanto di spalla agli Archgoat ed all’Eradication Festival a maggio in Galles, con Avulsed, Blood Red Throne ed Extreme Noise Terror. Per ora abbiamo soltanto queste date confermate, a breve seguirà tutto il resto. Nostra intenzione è quella di allestire un tour vero e proprio, prima o poi”. 

Gabriele “Certamente! Per dicembre sono già confermate le date di supporto agli Archgoat a Roma e Foggia, ma ci stiamo muovendo anche per riuscire ad organizzare più date in tutta Italia”. 

Pietro “Certo, basta seguire i prossimi live che annunceremo sulla nostra pagina”. 

Marco “Un doppio appuntamento a Roma e Foggia, da spalla agli Archgoat e ai Goblin di Simonetti. Gente tranquilla, insomma!”.

Voi fate del grandissimo death metal e rendete ancora più forte l’esempio che abbiamo un underground di qualità, secondo voi, cosa manca?

Fabio “La distanza tra le band underground ed i big, ad oggi, si è quanto mai del tutto assottigliata. Per fare un esempio, ormai i gruppi sono difficilmente selezionati per tour con band come i Cannibal Corpse, perché qualcuno ha permesso una realtà come il pay to play. Voglio dire, posso formare una band oggi, registrare un demo al computer, contattare un promoter domani, pagare la cifra dovuta ed andare in tour con chi voglio. Se ogni cosa è risolvibile pagando dollari a palate ed in questi termini, direi che siamo di fronte ad un grosso problema. La qualità va a farsi fottere abbassandosi irrimediabilmente, quando tutti possono fare qualsiasi cosa, pagando. Anzi quasi tutti, perché se puoi sborsare determinate cifre puoi rendere la tua band oltremodo visibile in qualche maniera, chi non può non ci riesce. Così facendo non avremo mai modo di conoscere band sconosciute e meritevoli di attenzione, interessanti dal punto di vista tecnico e compositivo, ma che non possono permettersi di pagare parcelle e pacchetti per tour interi o per una serie di date. Lo stesso sta succedendo anche tra le label, che ormai mettono a disposizione soltanto il loro marchio, e le piattaforme Internet quando sono le band del roster stesso a doversi pagare studio, stampa e promozione, evitando, volendo, anche la spesa della copia fisica. A questo punto le band non servono più, etichette e manager sono soltanto dei succedanei che riscuotono alla cassa i soldi dei gruppi, trasformandosi in delle banche a tutti gli effetti, bloccando irrimediabilmente l’underground per pagare l’uscita di miriadi di dischi che nessuno comprerà, e supportando economicamente i tour e le spese connesse delle grandi band. I nomi storici si consolidano sempre di più anche con dischi di merda, le band nate da poco o che incidono per piccole etichette non avranno mai la visibilità che gli spetta, a meno che non siano incredibili. Le case discografiche anni fa pensavano a tutto, mettevano a disposizione soldi e manager, spesso anche per gruppi sbagliati, ma tutti, e dico tutti, potevano farsi conoscere, avere una possibilità con un album ed un tour. Prendi ad oggi una band come gli Autopsy, che si sono sciolti più di vent’anni fa e che sono tornati da anni con dischi e best of. Vorrei sapere a che cazzo serve, se Mental Funeral lo hai registrato nel 1991 ed ora fai dischi pessimi che nessuno vuole ascoltare, con copertine insuperabili che attirano soltanto l’attenzione, ed i concerti sono pieni perché nessuno ai tempi quando spaccavano davvero il culo, ha avuto la possibilità di vederli negli anni Novanta”.

Pietro “La gente non deve rimanere sulle solite quattro death metal band, ne esistono tante e valgono anche molto di più rispetto alle band famose”. 

Gabriele “Sarò banale ma, a prescindere dal sottogenere, manca il pubblico per le band underground. La curiosità e l'interesse sono abbastanza scarsi, ma è anche un contro altare dell'offerta enorme di band che una volta non c'era”. 

Marco “Manca certamente parecchia sensibilità e sostegno reciproco. Da una parte abbiamo locali che fanno suonare sempre e solo i soliti noti da parecchi anni a questa parte, dall'altra abbiamo i suddetti soliti noti che non si prendono mai la briga di sostenere gli emergenti o che siano disposti a condividere il palco con loro. Altra questione è che quasi tutti si comportano come se partecipassero ad una gara. Chi fa più concerti, chi più biglietti, chi più casino. E' una comunity purtroppo poco sinergica ed incline al cambiamento”.

Tornando all’aspetto live, con chi vi piacerebbe suonare?

Fabio “In questo momento soltanto con Morbid Angel, Azarath, Slayer, Cannibal Corpse ed Amon Amarth in quanto le ritengo come le band più valide per organizzare un tour sotto i punti di vista!”. 
Pietro “Ci sarebbe una lista lunghissima da fare per il death metal, mi limito a citarne solo alcune: Cannibal Corpse, Immolation, Vader, Aeon, Deicide, Morbid Angel, Asphyx, Dying Fetus e Hypocrisy”. 

Gabriele “Se devo sognare in grande, allora dico Pestilence, Behemoth e Gorguts. Ma abbiamo suonato e suoneremo con band che non temono il confronto”. 

Marco “Sono anni che sbavo per una data con i Cannibal Corpse. Dopo aver suonato al fianco di Sepultura, Angra ed Incantation sarebbe un bel jackpot!”.

Matteo Mapelli