MR. BIG - Defying Gravity

Frontiers
A distanza di tre anni dall'ultimo lavoro, "The Stories We Could Tell", la leggendaria band di Eric Martin torna con un nuovo album, frutto di un'esperienza di decenni trascorsi a calcare i plachi di tutto il mondo. In soli sei giorni di lavoro in studio, a Los Angeles, la magia ha preso forma: "Defying Gravity", il nono album.L’album è innervato come sempre di una grande maestria strumentale e armonica con più di una striatura blues in background (caratteristica peraltro da sempre latente nel sound dei nostri); pezzi infatti come “Open Your Eyes”, “Everybody Needs A Little Trouble” o “Be Kind”, a gusto personale, non possono rivaleggiare coi classici degli americani anche se la resa ha una guisa decisamente moderna. Altri momenti invece più sostenuti (sempre serbando alla melodia un ruolo centrale) come la title track sono più fluidi… in due parole funzionano meglio, anche se non possiamo esimerci dall’affrontare il vero punto debole dell’album in questione: la produzione! Nonostante sia stato coinvolto Kevin Elson, ovvero il quinto membro non ufficiale alla base del successo dei primi quattro album dei Mr. Big, i suoni di “Defying Gravity” risultano scarichi e se il giudizio sul songwriting rimarrà sempre un fatto soggettivo, non possiamo credere che altri possano ritenere questa produzione all’altezza dei lavori precedenti (compresi i recenti “What If…” e “…The Stories We Could Tell”); probabilmente il fatto che l’album sia nato nel giro di poche jam in studio in una sola settimana ne ha plasmato il carattere diretto e senza orpelli ma ha altresì lasciato alcuni particolari quasi “incompiuti”.

Eric Martin usa con la solita maestria la propria voce ben conscio dell’abbassamento dovuto all’età matura (sentite “Mean To Me”, dotata tra l’altro di uno splendido duello Gilbert/Sheehan) anche se il vero protagonista dell’album ci sentiamo di dire sia un Paul Gilbert in forma smagliante, che ha leggermente mutato il suo approccio puntando più sull’improvvisazione (come ammesso dallo stesso musicista in qualche recente intervista). A onor del vero “1992” sembra uscita da una session dei Racer X se non fosse per l’iniezione AOR che i nostri hanno nel DNA e trasferiscono anche sui riff più corposi.Anche stavolta i Mr. Big hanno dimostrano di possedere energia, “tiro” e grande tecnica. Non sempre, però, le canzoni appaiono perfettamente a fuoco sia sul piano della composizione sia sul piano dei suoni e della produzione. Talvolta, infatti, e soprattutto nei brani uptempo, si ha l’impressione che l’energia che il gruppo cerca di sprigionare sia compressa e claustrofobica, senza riuscire ad esplodere mai davvero.La chitarra del maestro Paul Gilbert è, naturalmente, onnipresente e serpeggiante in tutti i meandri, e tutti gli altri suonano alla grande, ma senza particolari exploit, lasciando così talora nell’ascoltatore una sensazione di non perfetta soddisfazione, pur tra tanti spunti brillanti. E, paradossalmente in relazione ad un album di rock duro, migliori e più nitidi ci appaiono i brani meno rock e più "swinganti" del lotto.Probabilmente “Defying Gravity” richiede più ascolti per essere apprezzato appieno, ma appare di primo acchito come un buon disco non equiparabile, però, alle prime, amatissime opere della band, e posto una tacca sotto alcuni dei suoi più recenti album. 

Voto: 8/10 

Bob Preda